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Riflessione2. Giornata Mondiale del Rifugiato - Tenda del silenzio e tavola di Lampedusa






Articolo pubblicato da Mantova Solidale

Il 20 giugno, giornata mondiale del rifugiato, quest’anno è caduto di sabato. Un sabato ventoso e assolato, insolito per Mantova che, come sempre nei fine settimana, era affollata di turisti. Ma ad attraversare a piedi il ponte di san Giorgio e le strade del centro c’eravamo anche noi, noi tra i due-trecento che sfilavano colorati e pacifici, italiani e no, per ricordare a chi ci vedeva che in quella data si celebra la convenzione  di Ginevra  sui diritti dei rifugiati. Dopo l’attraversamento del ponte –simbolo di tutto quanto collega e mette in relazione sponde diverse, talvolta opposte e in conflitto, come ci ha insegnato Alex Langer, costruttore di pace morto proprio vent’anni fa - ci siamo raccolti in piazza Mantegna. In cerchio, ci siamo tenuti per mano e abbiamo sostenuto insieme un lungo striscione coi colori dell’arcobaleno. Poi hanno iniziato a suonare I Tamburi di Mantova, la formazione musicale creata da un gruppo di rifugiati africani giunti qui nel 2011, in seguito alla guerra in Libia. Ascoltare il ritmo delle loro percussioni e farsi trascinare dall’energia vitale della loro musica è un’emozione che in tanti conosciamo bene. Un sassofonista mantovano che passava di lì si è unito a loro in un’improvvisazione di inedita e divertita intensità.  Poi è successo qualcosa di  bellissimo e imprevisto: un gruppo di ragazzini, portatori della sindrome di Down,  padovani in gita a Mantova con i loro genitori, uscendo dalla chiesa di sant’Andrea si è unito spontaneamente ai percussionisti; subito hanno iniziato a ballare volteggiando  al ritmo dei tamburi con una grazia e un’agilità inimmaginabili; il dialogo tra Tamburi e ballerini si è sviluppato a lungo. Poi i due gruppi si sono scambiati i ruoli e, poco dopo, erano i ragazzini a suonare i tamburi mentre  i musicisti africani danzavano,  dirigevano la piccola orchestra imprevista,  affiancavano i ragazzi  con  dolce competenza (avevamo già assistito a questo scambio in scuole, carceri, feste di strada, oratori). Tanta gente fotografava, batteva il ritmo e applaudiva, ma i più partecipi ed emozionati erano i genitori di questi  ragazzi che si portano il dono e il peso di una diversità che sembra dare loro una libertà di movimento e un’acutezza che chi non li conosce non immagina. Una ragazza, suonando,  ha iniziato a cantare:
“ Se oggi sarò brava resterò qui, qui a suonare con i miei amici. Io sono felice di essere qui”. Noi e i genitori seguivamo emozionati; una mamma si è avvicinata allo striscione di Mantova Solidale e ci ha detto: “ Se questa non è integrazione! Ma perché la gente non capisce? Grazie”.  Ci siamo scambiati i numeri di cellulare e fino a notte fonda ci hanno inviato fotografie, video e messaggi affettuosi.  Uno dei percussionisti, un rifugiato congolese che sulla sua pelle ha vissuto tutti gli orrori delle guerre africane e delle traversate di mari e deserti, tornando verso casa ha commentato: “ Questo dà senso a tante cose. E’ stato un pomeriggio bellissimo.”
E’ stato davvero un pomeriggio da ricordare. Grazie a tutti quelli che, lontani dalla paura e dai pregiudizi, sanno vedere la bellezza e costruire ponti.
Le fotografie di questa eccezionale jam session compariranno presto sul sito dell’Officina dell’Intercultura della Provincia di Mantova

Mantova Solidale